lunedì 23 marzo 2015

una presentazione di "pater"...




Il presidente del Rotary Club di Benevento, Nicola Venditti, ha organizzato un caminetto per i soli soci nel corso del quale Nicola Sguera ha trattato il tema della paternità, suscitando curiosità e grande interesse nei presenti che alla fine della conversazione lo hanno "assalito" con le loro domande.
Sguera, con il suo amico di vecchia data Luca Rando, ha deciso di dar vita ad una raccolta di scritti "a tema" segnavia, una sorta di messaggi nella bottiglia che qualcuno raccoglierà oggi, domani, in futuro, forse chi non è ancora nato.
La prima raccolta, stampata nel gennaio 2015, s'intitola “Pater” ed è divisa in due parti, la prima racchiude le riflessioni che a turno i due amici fanno sulla paternità, una serie di frammenti in cui vengono elaborati i rapporti con i loro padri e quelli con i loro figli quando hanno smesso di essere figli. Nella seconda, divisa in 11 paragrafi, Sguera e Rando dialogano simbolicamente con Antonio Scurati e con il suo "Il padre infedele", avendo raccolto la sua provocazione quando afferma che è in atto una rivoluzione antropologica: un tempo il padre era inarrivabile, era presente nelle vite dei figli, ma era rarissimo che dedicasse tempo a loro, che giocasse con loro, era un padre-padrone a cui non si poteva chiedere ma che si doveva solo ascoltare… a volte non serviva neppure la parola, bastava lo sguardo e al suo cospetto i figli provavano timore riverenziale e la sensazione che non sarebbero mai divenuti come lui.
Oggi c'è una nuova generazione di padri che vivono la "maternità" fin da quando il loro bimbo è nel grembo materno, disarmati, stanno imparando la tenerezza delle culle dando il latte ai propri figli nel cuore della notte, cambiando loro i pannolini, tenendoli in braccio nelle lunghe veglie notturne, costruendo con loro un fortissimo legame "prelogico"; scoperta la tenerezza, però, non devono diventare dei "mammi" ma continuare a svolgere i compiti dei vecchi padri, quindi essere detentori del "logos".
Durante la conversazione Sguera ha raccontato che ha cercato di elaborare, in modo crudo, la sua esperienza personale con suo padre, da quando bambino era schiacciato dalla sua forza, dalle sue capacità che mai avrebbe potuto eguagliare, alla distanza che c'era tra loro e poi al tracollo finanziario che travolse tutta la famiglia fino all'Alzheimer che colse suo padre e rapidamente lo portò alla dipendenza dagli altri "un vascello andato in frantumi", per cui lui, il figlio, divenne "padre di suo padre".
Ha, inoltre, ricordato che c'è stato un momento preciso in cui ha smesso la sua "filialità" ed è divenuto padre quando, dopo aver accompagnato all'ospedale suo padre per un controllo, gli disse che stava per diventare padre di Caterina e lui, come faceva sin da quando era bambino, gli disse che doveva dirgli una cosa nell'orecchio, accostò la bocca e gli diede un bacio.
Capì in quel momento di essere divenuto padre di suo padre e, infine, "padre vero, finalmente individuo responsabile, non più beneficiario di sicurezza e tenerezza, ma dispensatore e consapevole di quanto arduo sia il lavoro di ostentare certezze non avendone alcuna perché era necessario  costruire la forza e l’energia con cui sua figlia Caterina dovrà affrontare la vita".
Comunque la difficoltà più grande, ha affermato Sguera avviandosi alla conclusione della sua profonda e toccante conversazione, come padre è fingere che tutto vada bene, dissimulando la rabbia, la paura, l'ansia per evitare di trasmetterle ai figli e l'unico modo, a suo avviso, per dire una cosa che stringe il cuore  è la poesia, come è accaduto a lui quando sono stati ritrovati i corpi senza vita dei fratellini di Gravina, infatti, in quell'occasione compose: "Inaudite lacrime" in cui da padre prometteva alla figlia Caterina, abbracciandola, che mai nessun orco l'avrebbe avuta nelle fauci inumane e che lui sarebbe stato per lei argine ad ogni pericolo e arma contro ogni male
"e sigillo
la pietosa bugia
di lacrime
inaudite".

Maria Cristina Donnarumma

domenica 8 febbraio 2015

Appendice a Pater

Quand'è che si smette di essere figli e si rimane soltanto padri? No, non è la morte, ma condizione di indipendenza, quando sentiamo di non doverci (poterci?) più appoggiare all'autorità, la guida di un Padre mentre qualcun altro si affida a noi.
Quando hai smesso di essere figlio? Ma poi l'hai mai smesso davvero? Tutti quegli autori che leggi non sono forse tuoi padri anch'essi? Non apprendi ancora da loro? Non ti appoggi forse alla loro autorità? E non apprendi anche da tuo figlio, tu, padre, diventato figlio del figlio?


Portami con te lontano
…lontano…
nel tuo futuro.

Diventa mio padre, portami
per la mano
dov’è diretto sicuro
il tuo passo d’Irlanda
l’arpa del tuo profilo
biondo, alto
già più di me che inclino
già verso l’erba.

Serba
di me ricordo vano
che scrivo mentre la mano
mi trema.

Rema
con me negli occhi al largo
del tuo futuro, mentre odo
(non odio) abbrunato il sordo
battito del tamburo
che rulla - come il mio cuore: in nome
di nulla - la Dedizione.

(Giorgio Caproni)


Sono ancora un figlio, perdonami padre, perché ho peccato...

LR

sabato 17 gennaio 2015

notizie

segnavia raccoglierà gli scritti “a tema” di Luca Rando e Nicola Sguera, amici da anni insieme “lungo la via”. Tali parole saranno, per l’appunto, “segnavia”.
In alcuni casi saranno ospitati interventi di compagni di strada.
I volumetti saranno tirati in un numero limitato di copie (mai più di 50) e distribuiti in occasione della presentazione, che avverrà di volta in volta in luoghi diversi. Successivamente saranno resi disponibili on line in formato pdf.

* * *

Luca Rando nasce nel centro dell’Italia l’11 febbraio 1967.
Non ha patria se non quella che di volta in volta gli offrono i libri che legge in solitudine, spesso in campagna, dove arriva dopo lunghe camminate.
Cresce con due amori, la poesia e il teatro, per malinconico isolamento il primo, il secondo per ansia di comunità.
Nell'amicizia e nelle associazioni di cui ha fatto (e fa) parte ha trovato il luogo del pensiero e dell'azione; nella famiglia e nella scuola il luogo dell'incontro e dell'amore.
Il 1 febbraio 2002 coniuga pensiero e incontro cullando suo figlio.
Oggi quando guarda i figli o i suoi alunni prova un moto di felicità, lo stesso della domenica mattina ad occuparsi dei beni comuni vicino casa.

* * *

Nicola Sguera nasce a casa sua il 20 giugno 1967.
Vive un'infanzia senza ombre, se non quelle che la sua fantasia bizzarra trasforma, di notte, in orchi e vampiri.
Nel 1984 nasce a nuova vita: smette di mangiare carni per empatica compassione, rompe il patto con il Dio della sua tradizione familiare e conosce la sua futura moglie. Meglio sarebbe non essere mai nati, ripete spesso.
Il 24 gennaio del 1990 sua madre decide di impartirgli l'ultimo memorabile insegnamento: «nella mia fine è il tuo inizio».
Nel mercoledì delle ceneri del 1998 si inginocchia nuovamente, e prega un Dio sconosciuto: per la prima volta comprende il senso della parola “amen”.
Quando la sera osserva sua figlia, raccolta in un sonno finalmente sereno, e pensa a sua madre, ai suoi alunni, al vino, alla poesia di Char, alle canzoni di Nick Cave e all'Inter, benedice e «sì, in fondo, altissimo, non onnipotente buon Signore, grazie».

Luca Rando e Nicola Sguera hanno animato, insieme, «la rosa necessaria», uscita dal 1993 al 1999. Nicola Sguera ha pubblicato una raccolta di brevi saggi (In quieta ricerca, Percorsi Editore, 2012) e una raccolta di poesie (Per aspera, Delta 3 Edizioni, 2013).

Insegnano entrambi: il primo Lettere nel Liceo Classico di Potenza, il secondo Filosofia e Storia nel Liceo Classico di Benevento.